Sin dagli inizi di American Horror Story nel 2011, Evan Peters è sempre stato una parte indispensabile ed essenziale della serie. Lo abbiamo visto nei panni di Tate Langdon in Murder House, di Kit Walker in Asylum, di Kyle Spencer in Coven, di Jimmy Darling in Freak Show, e per finire in Hotel come James Patrick March. Peters ha avuto la fortuna di lavorare con attrici del calibro di Jessica Lange, Frances Conroy e Kathy Bates.
Da parte sua, Peters è molto grato al creatore della serie, Ryan Murphy, per averlo fatto tornare di nuovo più volte: “Ryan è sempre stato molto generoso con me, quando si trattava dello show, e mi ha dato sempre dei ruoli fantastici, che adoro.”
AHS ha portato all’attore anche numerose opportunità altrove; infatti, ha interpretato Quicksilver in X-Men: Apocalypse, dopo che il direttore Bryan Singer lo aveva visto nella serie, ed ora apparirà nel film diretto da Bryan Buckley, Where The White Man Runs Away, insieme ad Al Pacino e Melanie Griffith.
Curiosi di sapere cosa pensa Peters, riguardo ai suoi innumerevoli ruoli in AHS e come è stato lavorare con Lady Gaga? Ecco per voi un’intervista che l’attore ha rilasciato per il sito Deadline.
Cosa pensi ti abbia reso un pilastro dello show? Ed ora tornerai per la sesta stagione.
Non so. Adoro veramente questo show. Voglio fare davvero un ottimo lavoro e non voglio dare per scontato i personaggi che mi hanno assegnato. È uno show molto strano, perciò ho cercato di renderlo il più possibile reale, ma nel frattempo mi sono divertito. Sono stati tutti molto carini con me e spero che mi inviteranno ancora a lavorare con loro. Lo farei per sempre. Amo lavorare in questo show e lavorare con le loro sceneggiature e tutti gli altri attori.
Puoi accennare qualcosa sulla sesta stagione?
Non so cosa accadrà nella prossima stagione, perciò non posso dirvi nulla. Mi piacerebbe sapere. Quando sapete qualcosa, fatemi sapere.
Quali sono stati finora i tuoi ruoli preferiti in AHS?
Fino ad adesso, Mr. March è stato il mio preferito. Mi è piaciuto un sacco anche Tate. Interpretare il cattivo è davvero divertente – specialmente un personaggio così variegato come Mr. March – e la follia dell’art deco del 1930, il bere whisky, fumare, il classico tipo in giacca e cravatta. È stato un ruolo davvero divertente da interpretare. Poi, anche Tate è stato un ruolo molto complesso. Mi piace interpretare i cattivi, ma anche cercare di capire perché sono in quel modo e cercare di simpatizzare un po’ con loro in qualche modo. Forse alcune persone sono naturalmente cattive, ma c’è sempre qualcosa che li spinge oltre il limite e li fa agire secondo certi pensieri o sentimenti, quindi ho sempre cercato di scoprire di cosa si trattasse e di cercare di giustificarli. Perciò non interpreto il male per amore del male.
Un’altra costante dello show è Sarah Paulson, e ora ritornerà anche lei per la sesta stagione. Come è stato lavorare con lei?
Lei è incredibile. Prima di tutto, è divertente. È davvero simpatica e molto perspicace, una persona adorabile. Adoro lavorare con lei. Mi piace conoscerla e parlare con lei, ridere con lei. E poi è molto più che brava. Lo scorso anno, stava lavorando su Marcia Clark (American Crime Story) e in AHS e non so come ci riuscisse. Era folle per me. Ma è stata così professionale e quasi esperta. Sa come fare ciò e come finire il lavoro. Non è sempre facile e combatte con ciò e lo fa sembrare davvero facile.
Quale è stata la cosa più impegnativa che hai dovuto fare, come parte della serie?
Beh, lo scorso anno è stato piuttosto difficile, quando ho avuto la prima volta il ruolo. Inizialmente, stavo per interpretare Tristan e tipo all’ultimo minuto, Ryan mi ha detto “Interpreterai Mr. March?” Ed io: “Non so se posso farcela.” E Ryan: “Voglio che parli come se fossi nel 1930.” Va bene. Non sapevo granchè su come farlo, perciò ho guardato un sacco di My Man Godfrey e William Powell, ed ho cercato di far uscire fuori una storia che potesse giustificare questo mio ruolo. All’inizio, pensavo fosse stato scritto per un uomo sulla quarantina. Io non sembro un quarantenne, ed ho provato a farlo sembrare ridicolo, perciò ho cercato di renderlo come un vero uomo di successo, simile ad un giovane magnate del petrolio o qualcosa di simile, con tutti questi soldi e potere ed è un completo mostro dentro. Mi sono divertito a farlo.
Che puoi dirci di alcune scene strane?
Le ho rimosse. Non riesco neanche a pensarci. C’è una scena in cui sto facendo sesso e sto tagliando questa ragazza. Non sapevo come lo stavo facendo. Ero nella mia roulotte cercando di capire. È stata la cosa più ridicola che ho mai fatto in tutta la mia vita. E come se non bastasse, mi sono dovuto spogliare e restare nudo mentre giravo questa scena. È stato strano. Molto, molto strano. Ad un certo punto, dovevano registrarmi… non importa. Non voglio neanche andarci lì. Ho parlato al trucco e ho detto: “Voglio essere come uno squalo con tutte quelle cicatrici,” perciò mi hanno fatto qualche cicatrice sulla schiena e questo mi ha aiutato ad uscire da me stesso ed entrare nella parte di Mr. March. Dio la benedica, la povera ragazza dall’altra parte che è stata molto carina e lo ha reso molto facile da fare.
Come è stato lavorare con Lady Gaga? È piuttosto nuova nella recitazione.
Beh, parlo per me, è stato fantastico perché è nuova di questo mondo, ma è molto brava ed è stata disposta a farsi coinvolgere molto più di tanti attori veterani. Perciò è stato molto piacevole e bello vederla immergersi nella parte. Ogni azione è stata molto diversa e talvolta un po’ paurosa, perché non si sa cosa stava per accadere. Non si sapeva se ti stesse per colpire davvero o stava per impazzire o cose del genere. È stato tutto molto istintivo. Uscire fuori di sé ed entrare nell’ottica del recitare. È stato fantastico lavorare con lei. Ho imparato molto.
Cosa puoi dirci sul film Where the White Man Runs Away?
Il film tratta la storia di un giornalista, Jay Bahadur. È basato su una storia vera, di un ragazzo che va in Somalia da solo all’età di 24 anni per scrivere sui pirati somali per un contratto editoriale. È una specie di prova e smarrimento, ma anche un amore che cresce, imparando cose sulla cultura somala e su se stessi. È la storia di un grande pesce fuor d’acqua. Ed è anche divertente.
Come ti sei preparato per la parte?
Ho letto il libro di Jay ed è molto interessante, ha molte informazioni su tutta la cultura somala. Gran parte del cast è formato da rifugiati somali. È stato affascinante lavorare con loro ed imparare molto su di loro ed integrarmi nella loro mentalità.